mercoledì 31 gennaio 2024
Dire la Storia
sabato 27 gennaio 2024
Fare memoria
Queste sono le parole con le quali è stata istituita la 'Giornata della Memoria' nel nostro Paese: un momento per riflettere e non dimenticare l'immane tragedia che è stato l'Olocausto, ovvero l'eliminazione sistematica di interi gruppi di persone.
Lo United States Holocaust Memorial Museum calcola che circa 15-17 milioni di persone persero la loro vita come risultato diretto dei processi di "arianizzazione" promossi dal regime nazista, tra il 1933 e il 1945:
Vittime | % | Numero (approssimativo) |
---|---|---|
Ebrei (Jews) | 42% | 6 milioni |
Polacchi, Ucraini e Bielorussi (Ethnic Poles, Ukranians & Belarusians) | 22% | 3,5 / 4 milioni |
Prigionieri di guerra sovietici (Soviet POWs) | 20% | 3 milioni |
Politici (Politicals) | 10% | 1,5 / 2 milioni |
Jugoslavi (Jugoslavia) | 3% | 320 000 / 350 000 (serbi); 20 000 / 25 000 (sloveni) |
Rom | 2% | 196 000 / 300 000 |
Disabili (Disabled) | 1% | 250 000 / 270 000 |
Altri (Other) | 1% | 5 000 / 15 000 (omosessuali); 1 900 (testimoni di Geova); piccoli gruppi di afro-europei; ecc. |
Numeri che danno i brividi, ma questa giornata non ha solo lo scopo di informarci su quanto accaduto, ma di fare memoria, appunto. Allora ritengo utile riflettere un attimo su cosa significhi 'fare memoria'.
Solitamente noi accostiamo la memoria alla capacità di ricordare qualcosa: fin dalle elementari impariamo che abbiamo memoria se ricordiamo le tabelline o le poesie, se riusciamo ad affrontare le interrogazioni e le verifiche con successo perché riusciamo a ricordare le risposte alle domande che ci vengono poste. Quindi la prima dimensione della memoria che impariamo a conoscere è quella intellettiva, quasi che essa fosse una funzione della nostra mente, della nostra capacità di recepire e immagazzinare informazioni. Questa funzione però rischia di essere superficiale: passato il momento, le informazioni vengono abbandonate in un limbo che un po' alla volta le fa scivolare nel dimenticatoio.
Tuttavia vi è anche un altro aspetto: quando torniamo in un luogo in cui siamo stati particolarmente bene o male, il nostro corpo ci fa riprovare quelle sensazioni ed emozioni che avevamo provato in precedenza. Anche questa è memoria ed è una dimensione maggiormente coinvolgente, in quanto tutta la nostra persona (corpo e mente) ne viene investita. Ed è a questo livello che la 'Giornata della Memoria' vorrebbe agire: non un semplice ricordo mnemonico, ma un coinvolgimento profondo di ciascuno di noi.
Ci possono essere però due tipologie di partecipazione: quella di chi, di fronte a quanto viene evocato assume un atteggiamento pietistico che si concentra soprattutto sulla tragicità degli eventi che hanno colpito le vittime, per le quali prova pena e pietà. Questa risposta emotiva è immediata e credo che ciascuno di noi la possa sentire sgorgare dentro di sé, ma ha un forte limite: la vittima rimane altro da me, non c'è vera comunicazione tra il presente del racconto e il passato degli eventi. Una seconda possibilità di partecipazione invece porta l'ascoltatore ad entrare in contatto empatico con chi è stato vittima di quelle inaudite violenze: in questo caso vi è una comunicazione più profonda tra le due parti ed è questo il significato profondo della 'Giornata della Memoria', ovvero di portare ciascuno di noi a comprendere in profondità l'orrore di quanto accaduto e a sentire dentro di noi tutta la tragicità di quegli eventi.
Se avremo il coraggio di affrontare questo percorso di discesa negli inferi accanto a quanti li hanno vissuti allora faremo memoria in senso pieno.
venerdì 26 gennaio 2024
Umanità e diritto
I giudici hanno saputo tenere un saggio equilibrio; in sostanza hanno affermato che non c'è genocidio, non hanno chiesto il cessate il fuoco, hanno chiesto ad Hamas la liberazione ostaggi e ad Israele di fare di tutto per evitare che la situazione degeneri in un genocidio. Quindi la guerra di Israele in risposta alla tragica azione terroristica di Hamas è legittima, ma non è accettabile il massacro indiscriminato dei civili. Quindi, alcune delle denunce di violazione dei diritti umani presentate dal Sudafrica sono giustificate e Israele deve adottare tutte le misure in suo potere per prevenire un genocidio e migliorare la situazione umanitaria della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza.
Questa decisione lungimirante permette di non gettare ulteriore benzina sul fuoco di un conflitto già troppo infuocato e permette alla due parti di sentirsi prese in considerazione: Israele nella giustificazione della propria azione militare (cosa che il premier israeliano Netanyahu non ha tardato a sottolineare) e i Palestinesi nella necessità di preservare le vite civili. Inoltre, a ciascuna delle due parti in causa è stato richiesto di fare passi avanti per avviarsi verso la risoluzione del conflitto: Hamas deve rendere la libertà agli ostaggi e Israele deve moderare l'uso della forza rimodulando la sua azione militare.
Ovviamente, le critiche non sono mancate, prima fra tutte quella di Itamar Ben Gvir, ministro israeliano per la sicurezza nazionale, che ha accusato la Corte di essere antisemita. Accusa ovviamente da rigettare in quanto non ci può essere antisemitismo in una decisione che critica alcune azioni dello Stato israeliano senza toccare la dimensione ebraica dello stesso: al contrario di quanto afferma il ministro, criticare lo Stato di Israele non significa in alcun modo voler perseguitare il popolo ebraico. Ma siamo abituati a simili travisamenti della verità da parte di esponenti dell'estremismo israeliano, di cui Ben Givr ne è un fulgido esempio (da giovane fu affiliato al gruppo terroristico israeliano Kahane Chai e attualmente leader del partito politico di estrema destra Otzma Yehudit, vicino ai coloni israeliani che occupano illecitamente i territori palestinesi).
Speriamo che questo pronunciamento, accanto a tutti gli altri inviti provenienti dalla comunità internazionale, portino le due parti in conflitto al tavolo delle trattative per la costruzione di una pace duratura, che ponga fine alle sofferenze del popolo palestinese e dia quella sicurezza tanto cercata dal popolo israeliano. Un sentiero stretto, tortuoso e in salita, ma è l'unica via che possa portare a qualcosa di buono. Con la volontà di tutti.
mercoledì 24 gennaio 2024
A qualunque costo?
L'idea che con i soldi si possa comprare tutto (persone comprese) non è certamente nuova, ma se applichiamo questo ragionamento alla salute emergono in modo evidente alcune implicazioni: innanzitutto il fatto che chi ha i soldi si può curare, gli altri... no. Fino a qui quasi banale, ma giocando su questa possibile paura, le società assicurative hanno iniziato a proporre ai clienti tutta una serie di pacchetti previdenziali che vanno a coprire una serie di possibili criticità inerenti la salute personale; ma non solo, ultimamente hanno iniziato a sottoporre all'attenzione degli acquirenti vere e proprie assicurazioni sanitarie che in qualche modo si sovrappongono a quello che il SSN dovrebbe garantire ai cittadini.
Tutto bene quindi? Sì, se l'obiettivo è quello di non ritrovarsi nell'impossibilità di curarsi: basta sottoscrivere alcune di queste polizze e assicurazioni e il gioco è fatto. Ma è veramente questo il nocciolo della questione? Io credo di no. Cito alcuni articoli della nostra Costituzione: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese" (art.3 comma2); "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti" (art.32 comma1).
Da queste poche righe emerge chiaramente come il diritto alla salute sia da un lato un diritto fondamentale proprio di ogni persona che non può in alcun modo essere violato e, dall'altro, che è compito dello Stato non solo fare in modo che questo diritto venga riconosciuto e rispettato, ma anche mettere ciascun individuo in condizione di poter usufruire delle cure necessarie. Appare chiaro come la situazione attuale sia ben lontana da quanto contenuto nella Costituzione e non è pensabile che il semplice lasciare spazio al privato sia l'unica risposta che lo Stato ha saputo trovare per cercare di mantenere vivo il diritto alla salute.
Nessuno nega che la sanità sia un costo e che molto spesso - nel corso dei decenni - si sia speso molto e male in questo settore, ma non è accettabile che ora, per rimediare ad grossolani errori del passato, noi si debba rinunciare a quel sistema sanitario universalistico che è la cifra della nostra Democrazia. Certo, una accurata amministrazione del SSN è la base per la sua sopravvivenza, ma la sua preservazione è una necessità prima ancora che un bisogno e se ci rinunciamo dobbiamo essere anche disposti a riconoscere ciò che lasciamo: siamo veramente pronti ad affidarci ad assicurazioni private e a mettere la nostra salute a confronto con il denaro? Francamente la cosa mi inquieta alquanto e spero vivamente di non dover assistere al definitivo tramonto del nostro SSN.
martedì 23 gennaio 2024
Ferisce più la lingua che la spada
sabato 20 gennaio 2024
Così parla Zarathustra
In queste ultime settimane, notizie curiose giungono dall'Iran. Non mi riferisco ovviamente all'allargamento del conflitto mediorientale al Mar Rosso/Yemen e da ultimo al Pakistan, ma a qualcosa di assai più singolare, almeno agli occhi di noi occidentali.
Sembra (condizionale d'ordinanza) che parte delle proteste che come un fiume carsico percorrono le lande della repubblica islamica riemergendo in alcuni momenti, siano connesse ad un revival dello Zoroastrismo. Per la maggior parte di noi credo che esso sia una lontana rimembranza sepolta assieme all'impero dei Parti o - al più - richiami alla mente il celeberrimo libro di Friedrich Nietzsche e nulla più. Invece lo Zoroastrismo, seppur praticato da sparute minoranze in Iran, India e Pakistan, è ancora vivo e vegeto e alcuni personaggi famosi in tutto il Mondo provengono da questo universo religioso e culturale (basti qui citare Freddie Mercury e Zubin Metha).
Ebbene, in queste proteste - soprattutto quelle animate dalle donne - si proclama un ritorno alle origini, a ciò che, antecedentemente alla conquista araba, era l'Iran. Quasi un tentativo di recuperare il passato per contrastare il presente in vista di un futuro migliore. È evidente come l'intento sia quello di screditare la classe religiosa degli ayatollah vista come la causa dei mali che attanagliano la società iraniana. Un tentativo sicuramente interessante, soprattutto se dovesse connettersi a qualche frangia del nazionalismo iraniano. Infatti lo Zoroastrismo, lungamente religione predominante dall'altopiano anatolico all'Indo, è stato spazzato via proprio da quegli arabi che hanno imposto l'Islam; non solo, con la caduta dell'impero dei Parti e la conquista araba, l'altopiano iranico, per secoli cuore e fucina di imperi, si è trovato ad essere una regione satellite, perdendo la propria centralità.
Tornare quindi all'universo religioso-culturale precedente significa anche voler riaffermare l'unicità della storia di quel territorio e la sua funzione di propulsore di identità. L'Iran basta a sé stesso, non ha bisogno di elementi provenienti dall'esterno per darsi una forma compiuta: ha le sue tradizioni, le sue leggi, i suoi sacerdoti, il suo Dio, il suo credo. Tornare a quello, tornare alle origini diventa quindi al contempo forma di liberazione dall'oppressione islamica che da secoli opprime il Paese e riscoprire la vera identità dell'Iran, togliendo tutte quelle incrostazioni che lungo il tempo si sono accumulate.
Una tale prospettiva può realmente essere perseguita e, soprattutto, produrre risultati concreti? Difficile, inutile illudersi. Ma qualcosa si muove, se è vero che il figlio dell'ultimo Scià di Persia si sta muovendo, criticando il regime islamista e facendo preoccupare i vertici politici iraniani (ma sollevando non poche perplessità anche in altri ambienti, anche tra quelli che animano le proteste contro il regime). In fin dei conti l'Iran anche all'interno del mondo islamico ha mantenuto una sua particolare caratterizzazione (è sciita, rispetto alla maggioranza sunnita dell'universo islamico) e si è andato a definire - a partire dalla rivoluzione di Khomeini - in modo alternativo rispetto all'occidente. Ma tale forza interna del regime si basa sulla capacità di mantenersi influente e dare un'immagine di potenza all'esterno (e gli attacchi dei pirati Houti nel Mar Rosso come le frizioni con il Pakistan hanno esattamente questa funzione, così come le minacce ad Israele); cosa succederebbe se tale immagine venisse a traballare? Il regime degli ayatollah potrebbe ancora considerarsi così sicuro di mantenere la presa sul potere politico nella repubblica islamica?
venerdì 19 gennaio 2024
Chiacchiere da bar?
Ciò che mi ha colpito è stata una singola frase: "Le cose sono state lasciate andare per trent'anni, ora si vede che qualcosa stanno facendo". Una frase generica, ma che all'interno del contesto non conteneva una precisa adesione politica, semplicemente un'analisi sconsolata degli anni della così detta Seconda Repubblica. Vista l'età dei due conversatori sarebbe comprensibile leggere in filigrana una certa nostalgia per l'epoca in cui la Balena Bianca la faceva da padrona nella scena politica del nostro Paese, ma credo che più semplicemente la frase volesse indicare quel senso di smarrimento che molti possono provare di fronte ad una classe politica che si presenta ad ogni elezione con la soluzione a tutti i nostri problemi e poi non riesce che a peggiorare la situazione.
"Qualcosa stanno facendo". Sempre in questi giorni ho avuto modo di guardare una trasmissione di attualità politica pomeridiana e, nel confronto tra un esponente di FDI e uno del PD, ad un certo punto, è uscita la frase "Noi siamo abituati a fare quello che diciamo, non come i Governi della Sinistra!". Al netto dell'evidente intento polemico dell'affermazione, ancora una volta emerge come centrale l'importanza del fare. Sia ben inteso: non viene qualificato questo "fare", semplicemente si fa qualcosa (bene o male che sia, apparentemente poco importa).
Questa consapevolezza mi ha sorpreso: siamo così disillusi dalla politica che riteniamo essere inconcludente, che ci basta vedere qualcuno fare qualcosa per aggrapparcisi. Non proprio un buon motivo per sostenere il Governo di turno (di qualsiasi colore politico sia), eppure penso che quelle chiacchiere fatte in un bar davanti al caffè racchiudano il pensiero di molti nel nostro Paese: dopo aver provato tutti gli altri, proviamo anche questi, peggio difficilmente faranno, vediamo se fanno qualcosa! E, impressione generale, qualcosa stanno facendo, quindi bene così.
I valori, i principi, i grandi discorsi funzionano solo se accompagnati e sostenuti da azioni concrete. L'impressione è che le persone ormai siano stanche delle chiacchiere e dei salotti della politica, dove politici e giornalisti chiacchierano più o meno amabilmente di tutto, senza produrre nulla di concreto. La politica, in quanto governo della Polis è arte pratica: si ispira a valori e principi teorici, ma li deve rendere ben visibili in scelte concrete che vadano ad incidere sulla vita dei cittadini. Se la percezione è che in questo Paese manchi un'alternativa a questa Destra nazionalista e conservatrice, significa in primis che tutte le altre componenti politiche hanno fallito alla prova dei fatti.
Quindi, un consiglio non richiesto: uscite dai salotti cari politici e provate ad entrare alla chetichella in qualche bar, forse, fra tante chiacchiere potreste trovare anche alcune idee per dare corpo a quei principi che tanto affermate, ma che solitamente lasciate cadere nel vuoto.
mercoledì 17 gennaio 2024
"Chi è senza peccato scagli la prima pietra"
lunedì 15 gennaio 2024
Elezioni europee: bulimia di candidature e penuria di contenuti
"In bilico tra santi e falsi dei, sorretto da un'insensata voglia di equilibrio e resto qui"
Fare i conti con il passato non fa piacere a nessuno, soprattutto quando è ingombro di eventi difficilmente giustificabili e gronda sangue spesso innocente. Eppure non ci può essere nessun passo avanti se prima non si volge lo sguardo indietro per cercare di far pace con quanto accaduto. Il rischio è che il presente (e il futuro) siano schiavi di tale passato irrisolto e si aggroviglino in continue vendette e ripicche che a nulla di buono possono portare.
Quanto accaduto ad Acca Larenzia non è una novità di quest'anno, è un fatto che si ripete sempre uguale a sé stesso da decenni eppure questa volta è finito al centro dell'attenzione mediatica. Cosa è cambiato? Sicuramente non è tornato il Regime fascista e i principi liberali e democratici della nostra Costituzione sono ancora saldi al loro posto (o, almeno, non sono disattesi più di quanto non lo siano stati nelle decadi passate), eppure si è sentito il bisogno di creare una notizia.
Certo, per chi scrive, tali manifestazioni non hanno ragione d'essere all'interno della nostra Repubblica nata proprio dalle ceneri di quel Regime che infiniti dolori causò agli italiani e gettò nell'Ade molte forti vite, ma da qui a farne un caso nazionale il passo è tutt'altro che breve!
Probabilmente la cosa nuova è il primo Governo a guida conservatrice della storia d'Italia. Con un partito di maggioranza relativa e una Presidente del Consiglio dei Ministri che in qualche modo, attraverso una continuità valoriale e simbolica con AN e l'MSI, si ritrovano ad essere vicini - probabilmente troppo vicini - a quella parte di Paese che mai ha saputo/voluto recidere in modo netto i legami con il Fascismo. Per questo so vorrebbero sentire parole chiare, nette, definitive, da parte di chi è chiamato a governare.
Il rischio è che il confronto politico su questo delicato e importante tema diventi la solita baruffa chiozzotta di goldoniana memoria, senza poi produrre nulla di utile e di significativo. Interrogarsi su quali siano le reali radici di queste manifestazioni e tornare alle ferite che nel corso degli anni '70 del secolo scorso hanno dilaniato il nostro Paese, ma che non hanno mai trovato cura, subissate da emergenze sempre nuove in un Paese sempre in subbuglio sarebbe cosa opportuna assai.
Il periodo del terrore e degli attentati terroristici di Sinistra e di Destra non è ancora stato del tutto chiarito e ad ogni piè sospinto emergono ricostruzioni e dietrologie: se è vero che le radici della Destra nazionalista attuale affondano più in quegli anni che in quelli della dittatura, allora è necessario dare cittadinanza alle istanze che essi rappresentano, almeno per amor di chiarezza. Ed è in questa incapacità verso la verità (quella storica, ben s'intende) che emergono santi e dei laici di dubbio gusto, appiattiti su alcuni loro caratteri, scevri dal contesto in cui sono vissuti e usati alternativamente come baluardi o grimaldelli nello scontro con la controparte.
La speranza è che, messo da parte una volta per tutte l'orgoglio, si arrivi a guardare alla storia recente del nostro Paese per quello che è stata, condannando ogni atto di violenza da qualsiasi parte sia venuto, considerando criminale chiunque abbia perpetrato tali violenze e ritenendo non condivisibili gli ideali che hanno armato quelle mani insanguinate.
Forse ho troppa fiducia nell'uomo, ma continuo a sperarci!
domenica 14 gennaio 2024
"Tra questa immensità s'annega il pensier mio"
Un blog nel 2024? Sicuramente un'idea poco innovativa, eppure a volte serve fare un punto, lasciare una traccia per evitare di perdersi all'interno del labirinto del Mondo nel quale come novelli Teseo rischiamo di perderci o, peggio, di annegare travolti dai flutti della tempesta informativa che quotidianamente si abbatte su di noi.
Un blog come moderno filo di Arianna quindi, una zattera, uno strumento non tanto per arrivare ad uccidere il Minotauro (cosa per altro impossibile nella composita realtà contemporanea dove i minotauri si moltiplicano e si mostrano sempre sotto molteplici forme), quanto per cercare di riguadagnare l'uscita, senza la pretesa di raggiungere la luce del sole, ma almeno riuscire, come nella prima parte del celeberrimo mito della caverna di Platone, ad osservare le ombre alla luce della lucerna, osservando quella parte di mondo che ci circonda con una certa consapevolezza che, sebbene non dia garanzia del raggiungimento della Verità assoluta (ma quando mai è stata raggiunta?), almeno possa offrire un minimo di consolazione e rassicurazione davanti ad una realtà che troppo spesso ci appare malevola e minacciosa.
Un blog di riflessioni, pensieri e idee che non hanno la pretesa di essere depositarie di verità assolute, ma semplici tentativi - aperti al confronto e alla correzione - di mettere un punto su alcune questioni che dal quotidiano colpiscono la mia attenzione e che meritano di essere guardate per qualche momento in più rispetto a quanto la velocità contemporanea solitamente conceda.
Un blog che spero possa essere utile a qualcuno (sicuramente per me lo sarà e già questo è un risultato non disprezzabile) se non altro come spazio per aprire discussioni dove poter assieme cercare di comprendere un po' meglio quanto ci accade attorno.
Buona lettura e spero nella vostra umana comprensione
dott. S.
Verso un'Europa Nero-Bruna?
Dopo una primavera ed un'estate di elezioni, ed in vista di un autunno che si preannuncia altrettanto gravido di scelte politiche, alc...
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Nei giorni scorsi, guardando un TG, ho visto un servizio che presentava l'apertura di una mostra dedicata a Giovanni Gentile, filosofo...