mercoledì 24 gennaio 2024

A qualunque costo?

 



È di questi giorni la notizia che la sanità pubblica perde un altro pezzo: anche il medico di base si trasforma in un professionista privato. Certo - niente allarmismi - è un caso isolato e non la norma, ma rimane pur sempre un segnale dei tempi che stiamo vivendo: prima l'apertura del SSN al privato convenzionato, poi - dato il congestionamento del pubblico - la supplenza sempre più invasiva del privato rispetto al pubblico, ora addirittura si prefigura una possibile completa sostituzione del sistema sanitario pubblico?

L'idea che con i soldi si possa comprare tutto (persone comprese) non è certamente nuova, ma se applichiamo questo ragionamento alla salute emergono in modo evidente alcune implicazioni: innanzitutto il fatto che chi ha i soldi si può curare, gli altri... no. Fino a qui quasi banale, ma giocando su questa possibile paura, le società assicurative hanno iniziato a proporre ai clienti tutta una serie di pacchetti previdenziali che vanno a coprire una serie di possibili criticità inerenti la salute personale; ma non solo, ultimamente hanno iniziato a sottoporre all'attenzione degli acquirenti vere e proprie assicurazioni sanitarie che in qualche modo si sovrappongono a quello che il SSN dovrebbe garantire ai cittadini.

Tutto bene quindi? Sì, se l'obiettivo è quello di non ritrovarsi nell'impossibilità di curarsi: basta sottoscrivere alcune di queste polizze e assicurazioni e il gioco è fatto. Ma è veramente questo il nocciolo della questione? Io credo di no. Cito alcuni articoli della nostra Costituzione: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese" (art.3 comma2); "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti" (art.32 comma1).

Da queste poche righe emerge chiaramente come il diritto alla salute sia da un lato un diritto fondamentale proprio di ogni persona che non può in alcun modo essere violato e, dall'altro, che è compito dello Stato non solo fare in modo che questo diritto venga riconosciuto e rispettato, ma anche mettere ciascun individuo in condizione di poter usufruire delle cure necessarie. Appare chiaro come la situazione attuale sia ben lontana da quanto contenuto nella Costituzione e non è pensabile che il semplice lasciare spazio al privato sia l'unica risposta che lo Stato ha saputo trovare per cercare di mantenere vivo il diritto alla salute.

Nessuno nega che la sanità sia un costo e che molto spesso - nel corso dei decenni - si sia speso molto e male in questo settore, ma non è accettabile che ora, per rimediare ad grossolani errori del passato, noi si debba rinunciare a quel sistema sanitario universalistico che è la cifra della nostra Democrazia. Certo, una accurata amministrazione del SSN è la base per la sua sopravvivenza, ma la sua preservazione è una necessità prima ancora che un bisogno e se ci rinunciamo dobbiamo essere anche disposti a riconoscere ciò che lasciamo: siamo veramente pronti ad affidarci ad assicurazioni private e a mettere la nostra salute a confronto con il denaro? Francamente la cosa mi inquieta alquanto e spero vivamente di non dover assistere al definitivo tramonto del nostro SSN.

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