venerdì 26 gennaio 2024

Umanità e diritto





Oggi si è espressa la corte dell'Aja (il Tribunale penale internazionale) circa il ricorso fatto dal Sudafrica contro Israele rispetto alla situazione a Gaza.
I giudici hanno saputo tenere un saggio equilibrio; in sostanza hanno affermato che non c'è genocidio, non hanno chiesto il cessate il fuoco, hanno chiesto ad Hamas la liberazione ostaggi e ad Israele di fare di tutto per evitare che la situazione degeneri in un genocidio. Quindi la guerra di Israele in risposta alla tragica azione terroristica di Hamas è legittima, ma non è accettabile il massacro indiscriminato dei civili. Quindi, alcune delle denunce di violazione dei diritti umani presentate dal Sudafrica sono giustificate e Israele deve adottare tutte le misure in suo potere per prevenire un genocidio e migliorare la situazione umanitaria della popolazione palestinese nella Striscia di Gaza.


Questa decisione lungimirante permette di non gettare ulteriore benzina sul fuoco di un conflitto già troppo infuocato e permette alla due parti di sentirsi prese in considerazione: Israele nella giustificazione della propria azione militare (cosa che il premier israeliano Netanyahu non ha tardato a sottolineare) e i Palestinesi nella necessità di preservare le vite civili. Inoltre, a ciascuna delle due parti in causa è stato richiesto di fare passi avanti per avviarsi verso la risoluzione del conflitto: Hamas deve rendere la libertà agli ostaggi e Israele deve moderare l'uso della forza rimodulando la sua azione militare.


Ovviamente, le critiche non sono mancate, prima fra tutte quella di Itamar Ben Gvir, ministro israeliano per la sicurezza nazionale, che ha accusato la Corte di essere antisemita. Accusa ovviamente da rigettare in quanto non ci può essere antisemitismo in una decisione che critica alcune azioni dello Stato israeliano senza toccare la dimensione ebraica dello stesso: al contrario di quanto afferma il ministro, criticare lo Stato di Israele non significa in alcun modo voler perseguitare il popolo ebraico. Ma siamo abituati a simili travisamenti della verità da parte di esponenti dell'estremismo israeliano, di cui Ben Givr ne è un fulgido esempio (da giovane fu affiliato al gruppo terroristico israeliano Kahane Chai e attualmente leader del partito politico di estrema destra Otzma Yehudit, vicino ai coloni israeliani che occupano illecitamente i territori palestinesi).


Speriamo che questo pronunciamento, accanto a tutti gli altri inviti provenienti dalla comunità internazionale, portino le due parti in conflitto al tavolo delle trattative per la costruzione di una pace duratura, che ponga fine alle sofferenze del popolo palestinese e dia quella sicurezza tanto cercata dal popolo israeliano. Un sentiero stretto, tortuoso e in salita, ma è l'unica via che possa portare a qualcosa di buono. Con la volontà di tutti.









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