martedì 30 aprile 2024

La Liberazione, festa di tutti

 


L'ultima settimana di aprile e l'inizio del mese di maggio sono un periodo un po' particolare, ricorrono infatti due importanti festività civili che caratterizzano la nostra Repubblica democratica: la festa della liberazione celebrata il 25 aprile e la festa del lavoro che ricorre il primo maggio.

Da sempre il 25 aprile è stato vissuto da una parte del panorama politico italiano e dai cittadini che da essa si sentono rappresentati come una festività divisiva. Quasi che fosse un momento celebrativo solo dei partigiani, identificati in blocco con il partito comunista. Una festa perciò da cui la Destra è di fatto esclusa, anzi, è una festa da intendersi contro la Destra.

Ovviamente nulla di più sbagliato. E i motivi sono assolutamente evidenti: tra le varie compagini partigiane presenti nel nostro Paese si ricordano gruppi afferenti a diversi pensieri politici, ovvero comunisti, azionisti, monarchici, socialisti, democristiani, liberali, repubblicani e anarchici. Una varietà di appartenenze che ben esprime come ridurre la Resistenza a qualcosa di Sinistra sia semplicemente assurdo. Non solo, nella II guerra mondiale, a scontrarsi con i regimi fascisti non fu solo l'Unione Sovietica comunista, ma la Francia, la Gran Bretagna e gli USA guidati da governi non proprio identificabili con correnti di pensiero di Sinistra. Ciò significa che se una parte della Destra italiana si sente esclusa dalla Festa della Liberazione, vuol dire che probabilmente non si ritrova all'interno di una delle componenti che a quella liberazione hanno contribuito.

Anche il dirsi antifascisti non significa dirsi comunisti o di Sinistra: l'antifascismo è semplicemente la base da cui è nata la nostra Democrazia. La Repubblica italiana è sorta dalle macerie della II guerra mondiale e del regime fascista che per più di vent'anni ha guidato il Paese imponendo la propria visione in modo antidemocratico. Essere antifascista in Italia significa essere democratico, condividere i principi fondamentali su cui si fonda il nostro vivere assieme. Nulla di più, ma nulla di meno! 

In queste settimane è venuto a galla un nuovo termine: definirsi afascisti. Un'alternativa di Destra all'antifascismo. Lasciando da parte una certa dose di ridicolaggine rispetto a questa dinamica (da asilo infantile) è singolare che sia proprio il prefisso 'anti' ad essere problematica, meglio una generica α privativa che non richiede una partecipazione e una adesione attiva. Sì, perché definirsi antifascisti richiede di adoperarsi in prima persona - ciascuno secondo le proprie capacità e in base agli ambienti di vita - affinché certe dinamiche limitative dell'espressione personale di ognuno non si ripresentino. Essere afascisti invece ci permette il lusso di rimanere in panciolle mentre il mondo attorno a noi brucia. Ed è quello che ha fatto la borghesia liberale un secolo fa.

Al termine di un'epoca di grandi sconvolgimenti (che idealmente comprende tutto il lungo '800 partendo dalla Rivoluzione francese e concludendosi con la I guerra mondiale) e davanti alle conseguenze disastrose ed impreviste del conflitto mondiale, la borghesia e gli ambienti liberali pensarono di trovare nelle squadre fasciste l'antidoto al diffondersi del comunismo nell'Europa occidentale. Credevano, sbagliandosi, di poter governare il fenomeno e che si sarebbe sgonfiato nel momento in cui si sarebbe esaurita la spinta socialista. Invece a sparire furono proprio le democrazie liberali fagocitate prima dalla diffusione dei fascismi in gran parte del Continente e poi dall'orrore della II guerra mondiale.

Il mondo uscito dal secondo conflitto mondiale è radicalmente diverso da quello che ci è entrato: la partecipazione di massa a quella immane disavventura ha dato nuova coscienza a tutte le componenti sociali e ha portato alla nascita di repubbliche democratiche fondate su principi radicalmente diversi dai regimi liberali di inizio '900. Il suffragio universale, l'uguaglianza, la libertà (di stampa, di pensiero, di associazione...) i diritti civili divennero un patrimonio comune a cui difficilmente potremmo rinunciare. Ma serve rimanere vigili: essere diventati cittadini partecipi della gestione del Paese ci richiede di agire con coscienza, in stile antifascista, a protezione della nostra Democrazia, il nostro bene più grande e prezioso. 




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