sabato 17 febbraio 2024

Padri eterni

 


Si sta accendendo in questi giorni le polemiche politiche attorno al terzo mandato per sindaci e governatori. All'apparenza sembra una questione di lana caprina, assolutamente secondaria rispetto a tutti i problemi che ha il nostro Paese e che sicuramente non incide sulla vita di noi cittadini. Invece - a mio parere - non è proprio così. Ma andiamo con ordine.

La questione necessita innanzitutto una riflessione di fondo: il terzo mandato ha senso solo se c'è un programma da portare a termine, altrimenti non ha alcun senso. Ma chi ci garantisce che ciò che non è stato portato a termine in 10 anni (ovvero la durata di due mandati) lo sarà in 15? Se fossero emersi dei problemi o delle difficoltà credo che una decade sia un tempo sufficiente a trovarne anche la soluzione! E se la soluzione non è stata trovata significa che le persone deputate a trovarla non sono in grado di farlo, quindi meglio cambiare. 

Inoltre non dimentichiamoci che l'alternanza (di persone, oltre che di forze politiche) è un carattere essenziale di ogni democrazia. È un valore in sé. Garantisce infatti che le istituzioni non si irrigidiscano attorno a determinati modi di fare e pensare, offrendo la possibilità di trovare strade nuove per rispondere alle esigenze che di volta in volta emergono. È un modo per rispondere alle esigenze di noi cittadini, una garanzia che il potente di turno è lì per noi, non per altri.

Infine, la questione copre un altro aspetto, a mio avviso distorsivo: se non diamo a sindaci e governatori il terzo mandato, dove li mettiamo, che ruolo gli diamo? Ecco, questo tipo di ragionamento in una democrazia non dovrebbe proprio trovare spazio. La politica dovrebbe essere un'attività svolta a tempo determinato, all'interno di un percorso di vita che ha al di fuori di essa strumenti sufficienti a garantire la realizzazione personale. Il politico di professione non dovrebbe essere una figura tipica della democrazia, anche se ci possono essere persone che trascorrono molti anni nel ricoprire ruoli politici, ciò avviene sono grazie al consenso popolare, non per decisioni prese dall'alto (e qui si aprirebbe la questione della scelta della classe politica...ma non entriamo in questo vespaio).

Ecco allora che la questione del terzo mandato rischia di trasformarsi in una questione di padri eterni: di persone che reputano il loro posto nelle istituzioni come un atto dovuto. E anche questa è una forma subdola di populismo che considera il consenso popolare - da guadagnare di volta in volta in base alla propria capacità di portare a termine il programma proposto in sede di campagna elettorale - come un elemento corollario rispetto al proprio ruolo. Una specie di occupazione delle istituzioni che le soffoca al posto di renderle funzionali ai cittadini; esattamente il contrario di quello che dovrebbe avvenire in una democrazia.

A Roma, più di un secolo fa, circolava tra i collaboratori di Leone XIII (papa per 25 anni) una frase: "Credevamo di eleggere un Santo Padre, abbiamo eletto un Padre Eterno". Direi che non possiamo permetterci di correre lo stesso rischio.

  

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