lunedì 3 giugno 2024

Democrazia e Rappresentanza

 



Il sogno democratico è nato ormai 25 secoli fa ai piedi del Licabetto, in Attica. Quella Democrazia, imperfetta e assolutamente limitata, era diretta, ovvero i cittadini si occupavano direttamente dell'amministrazione dello Stato. Diceva Pericle: "Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi, per questo è detto democrazia. Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende la proprie faccende private. Ma in nessun caso si avvale delle pubbliche cariche per risolvere le questioni private." Probabilmente parole he esprimono più un auspicio che la realtà (è evidente che ad Atene qualcuno si è fatto i propri interessi, altro che quelli comuni). Tuttavia quell'esperienza, finita drammaticamente prima con la sconfitta ateniese contro Sparta e poi con le successive conquiste macedone e romana, rimane una luce che dall'antichità arriva fino a noi come un faro nella notte. 

Le Democrazie attuali sono molto differenti da quella ateniese. Innanzitutto sono rappresentative: il Parlamento viene eletto a suffragio universale diretto dai cittadini (maggiorenni) e ha il compito legiferare a nome del Popolo cui appartiene il fondamento della sovranità. Sono quindi Democrazie che in qualche modo delegano al Parlamento la cura della res-pubblica. Ciò che diviene importante in questo caso è il legame che unisce cittadini e parlamentari: quando quest'ultimi rimangono fedeli a quanto espresso dal corpo elettorale e quando lo tradiscono?

Una possibile soluzione per cercare di mantenere in linea scelte elettorali e Parlamento, attuata in forma assai limitata ad esempio in Portogallo (e in pochi altri Paesi) è quella del vincolo di mandato, ovvero un istituto giuridico che prevede che gli eletti siano immediatamente responsabili nei confronti degli elettori, dai quali possono essere revocati (revoca degli eletti) anche in corso di mandato se si distanziano, con il loro comportamento, dal programma con il quale si sono presentati. La piena attuazione di questo tipo di mandato imperativo è propria degli Stati preda di regimi autoritari che di fatto negano i principi stessi su cui si basa la Democrazia. Fin dalla Rivoluzione francese infatti questo istituto è stato visto come segno di oppressione: chi viene eletto rappresenta tutta la nazione, non una parte di essa, rappresenta la conseguenza teorica dell'attribuzione al popolo (cioè ad una pluralità) della sovranità che era precedentemente attribuita ad un uomo solo, il monarca considerando quindi ogni singolo eletto dal popolo, semplicemente in quanto tale il rappresentante della nazione-popolo nel suo insieme, e quindi il depositario della sua intera volontà sovrana per cui egli deve necessariamente rappresentare, altrettanto simbolicamente, tutto il popolo nella sua interezza.

La Costituzione italiana afferma che «Ogni membro del parlamento rappresenta la nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato» (art.67), ovvero che i parlamentari svolgono il loro incarico senza obblighi nei confronti di partiti, programmi elettorali o dei cittadini stessi. L’eletto quindi non ha nessun vincolo giuridico nei confronti degli elettori, ma solo una responsabilità politica. Una libertà di azione necessaria per poter svolgere le proprie funzioni senza pressioni e/o ricatti esterni. Nei regolamenti di Camera e Senato l’assenza di vincolo di mandato è declinata nella libertà per singoli eletti di intervenire in disaccordo con il proprio gruppo di appartenenza. Piena garanzia dell'eletto quindi, ma dove si trova la garanzia del rispetto dell'elettorato? I sistemi democratici, considerando la stabilità delle Istituzioni un valore intrinseco, vi hanno affiancato due assiomi, ovvero che l'eletto operi nell'interesse dell'elettore a sua discrezione, e che possa essere sfiduciato soltanto a fine mandato, mediante la non rielezione da parte del corpo elettorale, che censurerebbe così il comportamento dissociato rispetto al programma da lui enunciato nella precedente elezione.

Forse troppa utopia? Probabilmente. Tuttavia al momento non abbiamo ancora trovato una modalità alternativa e migliore per cercare di garantire i diritti, le libertà e i principi propri della Democrazia. Rimane il fatto che la quotidianità può metterci davanti a situazioni in cui gli eletti disattendono quanto avevano promesso e che i cittadini possano sentirsi traditi dai propri rappresentanti. La Democrazia è quindi una forma di governo imperfetta, sicuramente meno imperfetta di altre forme, ma anch'essa ha i suoi limiti. Sta a noi cittadini vigilare e scegliere bene i nostri rappresentanti, non guardando al nostro personale interesse, ma al bene comune. Ancora utopia? Forse, ma la Speranza è l'ultima a morire.   

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