sabato 4 maggio 2024

L'Italia è una Repubblica Democratica fondata sul lavoro

 



Nella settimana appena trascorsa abbiamo celebrato la Festa dei lavoratori. Alcuni potranno chiedersi cosa ci sia da festeggiare, in un momento storico in cui guerre e crisi minacciano l'occupazione e dove anche chi lavora a volte non riesce a vivere dignitosamente. Incertezza, sfiducia e delusione sono sentimenti comuni a molti cittadini e sembra che la politica non si curi di questo disagio presente nella società. 

Forse rileggere quanto la nostra Costituzione dice sul lavoro può essere un esercizio utile a recuperare l'importanza e la centralità che questo tema dovrebbe avere nella politica, così come l'ha nella vita di ciascuno di noi.

Il primo articolo della Costituzione definisce il lavoro come fondamento della Repubblica. Ma non è l'unico articolo che parla del lavoro; all'articolo 4 afferma: "La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società". E ancora, agli articoli 35 e 37, continua: "La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori [...] La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione.  La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato.  La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione".

Parole importanti che tracciano una strada attraverso la quale la legislazione ordinaria dovrebbe muoversi al fine di raggiungere la piena realizzazione di quanto viene espresso in questi articoli. Probabilmente vi viene tratteggiato un mondo ideale, lontano dalla realtà, ma l'intento della Costituzione è proprio quello di esprimere alti ideali e di mostrare la bellezza di quel Bene Comune a cui tutti dovremmo tendere. Un mondo cui il Legislatore dovrebbe dare corpo, al di là delle idee politiche di riferimento di questa o quella parte. 

Provando ad analizzare brevemente il contenuto di questi articoli, emerge fin dall'inizio la centralità del lavoro inteso sia come attività manuale che intellettuale. La sua importanza sta nel fatto che senza di esso risulta impossibile dare prospettive ai cittadini che dal loro lavoro traggono la principale forma di sostentamento.  

A tal proposito l'articolo 4 approfondisce la tematica: esso ricorda come ogni cittadino debba svolgere un lavoro che concorra al progresso della società. Sembra riecheggiare quella frase infingarda che accoglieva i prigionieri internati nei campi di concentramento e di lavoro del regime nazista: 'Il lavoro rende liberi'. In realtà il contesto è chiaramente del tutto differente: la vera libertà che il lavoro garantisce è quella di poter provvedere a sé stessi (e alla propria famiglia) in modo legittimo, potendo scegliere quale attività svolgere ed è compito dello Stato mettere in atto delle politiche sociali tali da garantire questo diritto a tutti i cittadini affinché possano vivere in modo dignitoso. Ma il lavoro non è solo rivolto  sostentamento dell'individuo, ma anche al progresso della società: attraverso  le proprie attività i cittadini concorrono al progresso del Paese, al suo miglioramento, alla sua crescita (economica, intellettuale, spirituale); non ci sono quindi attività umili e altre prestigiose: qualsiasi lavoro è indispensabile per lo sviluppo dello Stato. La Repubblica non è (non dovrebbe essere) più uno stato classista!

A prova di ciò, l'art. 35 dichiara chiaramente una forte affermazione del principio di tutela del lavoro impegnando la Repubblica a curare la formazione e l’elevazione professionale dei lavoratori per garantire l’aspirazione di ciascuno "di raggiungere la preparazione e la competenza necessarie a svolgere un’attività consona alle proprie possibilità e aspirazioni". Uno Stato, quindi, che si prende cura dei propri cittadini, che non lascia fare al Mercato e alla sua mano invisibile e che cerca di creare le condizioni favorevoli affinché ciascuno possa trovare il suo posto nella società. Di contro, ovviamente, siccome lo Stato cresce se tutti contribuiscono con la propria attività in questa direzione, è dovere di tutti i cittadini rispettare le norme che disciplinano il mondo del lavoro. In questo modo la dimensione individuale non annulla quella collettiva ma le due dimensioni si integrano, nella convinzione che tra il singolo e la collettività esista un legame inscindibile.

Infine, l'articolo 37 ha permesso l’approvazione di una legislazione volta ad affermare la piena uguaglianza formale tra lavoratori e lavoratrici e costruendo una politica tesa al raggiungimento dell’uguaglianza sostanziale (ovvero, effettiva), attenuando un evidente squilibrio a sfavore delle donne, che, a causa di discriminazioni accumulatesi nel corso della storia passata per il dominio di determinati comportamenti sociali e modelli culturali, ha portato a favorire le persone di sesso maschile. Quanto ai minori, la legislazione vieta il lavoro dei bambini (fino ai quindici anni di età) e consente quello degli adolescenti (fra i 15 e i 18 anni), purché il minore sia riconosciuto idoneo all’attività lavorativa mediante un esame medico e gli sia garantita la frequenza di attività formative fino al compimento del diciottesimo anno di età.

Vedere la distanza tra queste parole e la realtà può contribuire a quel senso di smarrimento di cui parlavo all'inizio, ma non possiamo accontentarci di una politica che abdica ad una delle sue principali funzioni: è in gioco la nostra dignità e la stessa tenuta del Paese, elementi troppo importanti per essere relegati in secondo piano o addirittura dimenticati.

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